Emergenza idrica

LA LIQUIDITA’: LE PRECIPITAZIONI

La Lombardia è una regione normalmente caratterizzata da precipitazioni abbondanti anche se molto differenziate per effetto dell’orografia (media annua compresa tra un minimo di ca. 700 mm/anno nella Bassa Mantovana e in Alta Valtellina e un massimo prossimo ai 2000 mm/anno nelle Orobie Bergamasche e nell’Alto Lario) e, soprattutto, ben distribuite nell’arco dell’anno, con minimi in estate e in inverno (ca. 40-70 mm/mese) e massimi in primavera – autunno (120-200 mm/mese). Complessivamente la ‘provvigione’ idrica si aggira intorno ai 25 miliardi di mc di acqua che, in forma di pioggia o di neve, si abbattono ogni anno sull’intera Lombardia. La precipitazione invernale e di inizio primavera è strategica per il buon andamento dell’annata vegetativa, poiché serve a predisporre i letti di semina e, soprattutto, perchè la precipitazione nevosa in montagna costituisce un accantonamento fondamentale che si rende disponibile con il disgelo, nei mesi tra aprile e giugno, per sostenere la fase di intenso fabbisogno idrico delle colture connesso alla crescita vegetativa.

Da inizio anno piogge dimezzate

Quanto descritto non impedisce il proporsi di annate di carenza, a dire il vero molto frequenti nel primo decennio del XXI secolo, quando si sono verificati prolungati periodi di vera e propria siccità in almeno quattro anni, accompagnati anche da annate anomale, come il 2003, per quanto riguarda le temperature. Dopo un 2011 con precipitazioni nella norma, il 2012 rischia di passare alla storia come annata di severa siccità. Anche se è presto per una sentenza definitiva, l’inizio anno si caratterizza da una forte carenza di precipitazioni, in particolare nei bacini della Lombardia orientale: nei primi settanta giorni dell’anno sono mancati all’appello quasi 2 miliardi di mc di acqua piovana (e neve nei bacini montani), complessivamente si tratta di un dimezzamento secco della precipitazione caduta sulla nostra regione in confronto a quanto accaduto nello stesso periodo del 2011. La situazione appare particolarmente critica nei bacini prealpini: per i fiumi Serio, Brembo, Chiese e Mella, che sfociano direttamente nella pianura senza passare attraverso grandi laghi regolati, la neve accumulata nella stagione invernale rappresenta infatti il principale ‘volano idrico’, senza il quale è prevedibile che, a meno di una brusca inversione dell’anomalia idrica, si imporranno situazioni di severa carenza, sia per le disponibilità idriche sorgentizie nella porzione montana di bacino sia, soprattutto, per la provvigione irrigua in pianura.

Apporti idrici nei sottobacini montani e nella Pianura Lombarda fino al 13 marzo, dati in milioni di m3

 (elaborazioni Legambiente su dati ARPA Lombardia, per il Ticino i dati si riferiscono solo alla porzione italiana del bacino)

LIMITAZIONE DEL DANNO E ADATTAMENTO AL NUOVO ASSETTO CLIMATICO

Diversi sono gli effetti, nel breve e nel lungo periodo, delle ricorrenti siccità che sembrano ormai destinate ad affliggere una regione come la Lombardia, storicamente abituata a considerarsi al sicuro da simili accidenti climatici.

Nel breve periodo, la carenza idrica che si profila per il 2012 è destinata ad aumentare la criticità ambientale dei corsi d’acqua, sia da un punto di vista fisico (riduzioni o interruzioni di portata, riscaldamento dell’acqua e conseguenti stati di anossia, in grado di determinare morie di fauna acquatica) che chimico: le minori portate infatti limitano le capacità di diluizione e di autodepurazione dei corsi d’acqua, con la conseguenza che, se lo stato di carenza idrica dovesse protrarsi, è facile prevedere uno scadimento qualitativo complessivo di corsi d’acqua, a partire da quelli già gravemente compromessi: fiumi e torrenti che, non disponendo di alimentazione nivoglaciale e attingendo da un bacino idrografico limitato, sono particolarmente esposti agli effetti di carenza idrica, come Lambro, Seveso, Molgora, Olona, Mella. In mancanza di potenziali di regolazione e modulazione delle portate (solo il Lambro dispone di un bacino regolato, il lago di Pusiano, con capacità di accumulo modeste), la limitazione del danno può discendere solo da azioni di disinquinamento, che però richiedono tempi non compatibili con l’emergenza che si sta profilando. Azioni di prevenzione sono comunque attuabili, ad esempio attraverso un programma di ispezione e manutenzione straordinaria dei collettori delle acque reflue, finalizzato a prevenire l’attivazione accidentale degli scolmatori di piena con recapito a fiume dei liquami, che sono responsabili di episodi di inquinamento estremamente gravi anche se circoscritti alla durata del malfunzionamento. Di sicuro le azioni strutturali di disinquinamento vanno programmate e attuate per tempo, perchè nuove annate siccitose sono tutt’altro che da escludere negli anni a venire, ma anche perchè, siccità o non siccità, abbiamo degli obblighi di risanamento fluviale, e dobbiamo farcene pienamente carico con vigorosi programmi di investimento.

Per limitare il danno occorre poi non avere esitazione, anche per i corsi d’acqua maggiori e oggetto di forti prelievi irrigui e industriali, circa il rilascio del cosiddetto DMV, il deflusso minimo vitale, a valle delle opere di presa: si tratta di un obbligo di legge, indispensabile per evitare la morte del fiume, ma nel recente passato abbiamo assistito ad episodi di conflitto tra i diversi utilizzatori (idroelettrici, agricoli, industriali) delle derivazioni idriche, di cui ha fatto le spese il fiume, privato per intero della sua portata: mettiamo le mani davanti, il rilascio della portata minima necessaria ad impedire la morte del fiume non può essere oggetto di discussione, non si fanno i conti senza il fiume.

Quella che sembra ormai un’imminente crisi idrica deve però anche essere occasione per fare i conti con gli stili di vita e di consumo di ognuno di noi che, persona o impresa, utilizza la risorsa idrica: non è possibile fare a meno di inquinare, ma si può evitare di sprecare. Comportamenti responsabili nel risparmio idrico all’interno delle nostre case sono importanti non tanto per ridurre i prelievi (la risorsa idrica per uso civile, se si escludono alcune reti acquedottistiche che attingono da sorgenti superficiali, non è infatti a rischio), quanto per limitare le portate di acque di scarico. Uno sforzo di risparmio ed efficienza negli usi dell’acqua significa ridurre gli apporti ai sistemi di trattamento e depurazione, consentendo a questi impianti di lavorare meglio e di ottenere riduzioni più spinte del carico inquinante.

I problemi più seri, in ogni caso, riguardano il maggior utilizzatore idrico della Lombardia: l’agricoltura. Questo settore impiega a scopo irriguo oltre l’80% dell’acqua derivata da fonti superficiali, ed esprime il proprio massimo di fabbisogno proprio nei mesi di massima siccità. Salvo per ora impreviste sorprese meteorologiche, la provvista irrigua quest’anno non sembra essere garantita, e la situazione nei prossimi anni non potrà che peggiorare con la riduzione del ‘ticket’ assicurativo che fino ad oggi è stato concesso dalla fusione dei ghiacciai. L’agricoltura lombarda ha davanti a sé un periodo di crescenti e inevitabili difficoltà e incertezze per l’approvvigionamento idrico, e c’è un solo modo per non restare a secco: è la strategia dell’adattamento. Questo significa sicuramente operare per un miglior uso dell’acqua nell’irrigazione delle colture, ma anche una modifica degli assetti colturali e produttivi della Pianura Padana per come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi. Forse è presto per piantare ulivi in Pianura Padana, ma di sicuro a dover essere messo in discussione è un modello agricolo a forte, e già oggi eccessiva, vocazione zootecnica, che richiede ampie superfici investite a mais e ad altre colture foraggere che esigono forti apporti idrici nei mesi più caldi e secchi. La coperta dell’acqua sarà sempre più stretta, pertanto è necessario che nel settore agricolo vengano programmati investimenti e nuovi orientamenti produttivi: è, quella dell’adattamento, una delle priorità su cui riteniamo debbano essere concentrate le risorse rese disponibile all’agricoltura lombarda dalla programmazione regionale, attualmente in corso, dei fondi derivanti dalla PAC (politica agricola comunitaria)

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